Campo di battaglia
Prendete la vaccinazione, la guerra d'Ucraina, la striscia di Gaza. Di argomenti divisivi ce ne sono a bizeffe e ve ne sono sempre stati. La questione però è come ci si rapporta all'opinione opposta, a livello sistemico tanto quanto individuale. Nella nostra società assistiamo a due tendenze: il faccio-quello-che-mi-pare eretto a stile di vita, che spezza i legami nella misura in cui non considera l'esigenza altrui; e lo spirito gregario, che come il primo non contempla nemmeno la possibilità di opinioni diverse dalla propria, la quale guarda caso coincide sempre con la narrazione dei media mainstream e in ultima istanza del MICIMATT.
In simile contesto la vittoria del partito avverso è sempre vissuta come "la fine della democrazia", nei dibattiti non si dibatte ma si aggredisce, e l'idea stessa di diplomazia come mediazione d'interessi cede il passo alle politiche di sterminio, dentro e fuori casa. Non per niente tra i sostenitori di opinioni divergenti - si pensi ad esempio alla vaccinazione - da ambo le parti, e a prescindere dal valore dei propri argomenti, è prevalso negli anni covid il reciproco augurio di morte prematura. Questo è il mood che purtroppo prevale ai tempi nostri, ampiamente foraggiato, come costante e inesauribile fonte di cattivo esempio, dai talk show e dall'agone politico. Cui prodest? Facile capire, quando poche multinazionali dettano legge ai governi del mondo intero, convincendo intere popolazioni tramite i loro mezzi di propaganda - molteplici, capillari e tutti allineati: si pensi ai finanziamenti USAID emersi di recente, per non dire delle censure sui Social - ad accogliere prescrizioni suicide contro ogni evidenza e buonsenso.
A questa tendenza epocale non sfugge, beninteso, il mondo webinformatico. Anche perché i medesimi capitali che possiedono media e politici hanno piegato egualmente l'industria del software, quanto la produzione di hardware, alla medesima infetta Weltanschauung fatta di edonismo individualista (l'era dei selfie), delazione ("segnala il contenuto inappropriato") e conformismo (vedi le code ai negozi per prendere l'ultimo Iphone). Risultato: più cresce l'uso quotidiano di strumenti elettronici, meno sappiamo usarli. Se si guarda quale padronanza del mezzo ha l'utente medio - quello stesso che paga alla cassa esibendo con fierezza il cellulare al POS - c'è da rimanere costernati: i più non sanno nemmeno la differenza fra URL e query o fra sistema operativo e browser; e fra i professionisti stessi - si pensi, ad esempio, agli avvocati specializzati nella Privacy o ai Privacy Data Officer - non passa neanche per la testa che la Privacy non sia solo un concetto legale ma anche e soprattutto un problema informatico che impone l'abbandono dei sistemi operativi di Silicon Valley a beneficio di OS liberi, non dico di Qubes o di OpenBSD ma quantomeno di una buona Debian...
Cui prodest, ripetiamo. Schiavi dei nostri strumenti informatici, pavidi e vanitosi, incapaci di sospettare la possibilità di scelte diverse dalle proprie e comunque ad esse a priori ostili, pur sentendoci unici nella nostra assoluta gregarietà, eccoci trasformati negli schiavi perfetti: quelli felici e nel contempo ignari di esserlo.
La libertà comincia dai gesti quotidiani: scoprire la linea di comando, il protocollo gemini, gli OS alternativi... Ovunque vi sia curiosità s'apre una breccia nella narrazione dominante, e si pongono le basi per scelte coraggiose. Ed essendo il nostro quotidiano fatto di costanti interazioni con gli strumenti elettronici, il principale campo di battaglia della libertà oggi è senza ombra di dubbio quello informatico: l'unico del quale non si parli mai in questi termni.
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