La questione palestinese è irrisolvibile

In questo post parlo di Israele e Palestina.

(1795 parole, 7 minuti circa)

Va bene, magari non lo è. Magari si può trovare una soluzione che non scontenti troppe persone e che consenta ai due popoli di vivere in condizioni dignitose e di relativa pace. Magari.

Però, *per quanto mi riguarda,* è un problema irrisolvibile: perché è così che devo approcciarlo, per il mio benessere mentale. Il mio guaio è che ho una tendenza radicata a voler risolvere problemi a furia di ragionamenti e di parole, anche quando non è possibile. **Soprattutto** quando non è possibile.

YouTube non fa che propormi video attinenti al tema - come potrebbe essere altrimenti, data l'enorme quantità di contenuti del genere che ho visto, da due anni a questa parte? Ma adesso sono giunto a un livello di saturazione. Questa potrebbe essere l'occasione buona per ridimensionare il mio rapporto con YouTube e stabilire un uso più sano della tecnologia.

Nel momento in cui scrivo la *Global Sumud Flotilla* ha attraccato a Tunisi, dove due imbarcazioni sono state attaccata da dei doni. Israele ha bombardato un edificio di Doha, che ha rovinato l'umore dello zio d'America. Io invece annego in un mare di parole scritte: per la maggior parte commenti dirottati da YouTube, per non alimentare l'orrendo Leviatano.

Ho scritto cose orrende, riflettendo sul tema: me ne rendo conto rileggendole; e ho scritto cose irriverenti: niente di tutto ciò sarà pubblicato.^1^ Adesso voglio fare il punto della situazione, dare sfogo a ciò che mi preme dire e voltare pagina. Dovrei anche pensare ad altro. Darò dunque al mio incerto senso d'umanità la sua soddisfazione.

Di cosa non voglio parlare

Non proporrò soluzioni, come dicevo, anche se come tutti ho le mie personalissimo idee. Ma il genocidio di Gaza e il sistema di apartheid messo su dallo stato d'Israele non influisce direttamente nella mia vita quotidiana, anche se è una ferita nel senso di giustizia e di umanità di tutte le persone dotate di una coscienza. Spetta a coloro che sono coinvolti in prima persona trovare una soluzione e sarebbe quantomeno arrogante da parte mia proporre in modo serio le mie chiacchiere da bar.

Non parlerò della storia di Israele, perché dovremmo conoscerla tutti a questo punto. Il punto sta nel modo in cui la intepretiamo: ma anche qui, non è che ci sia molto da dire o da fare; ognuno ha il cervello e il cuore che si ritrova. Se qualcuno è razzista, la vicenda di Gaza è soltanto l'occasione in cui si manifesta il suo razzismo: il suo problema è il razzismo. Se qualcuno antepone interessi materiali al sentimento d'umanità, il suo problema non è la Palestina, ma il suo marcio sistema di valori.

Non parlerò di cosa ha detto o fatto quello o quell'altro, perché davvero abbiamo visto azioni e udito parole sinceramente inenarrabili.

Non parlerò di genetica e di chi a buon diritto può definirsi semita o no: ci sono studi disponibili su internet. Ci sono anche smentite e ulteriori studi che affermano il contrario: ognuno si faccia la sua idea.

Non voglio parlare della pretesa di Israele di essere una forza civilizzatrice e democratica nel quadrante mediorientale, perché abbiamo visto chi è che fa cosa e sappiamo attribuire colpe e meriti (se ce ne sono) a chi di dovere. Personalmente mi sembra che la posizione di chi si è assunto il compito di difendere Israele a tutti i costi dallo sdegno collettivo si faccia ogni giorno sempre più difficile.

L'isteria collettiva sul mondo ebraico

Voglio parlare invece dell'atteggiamento nevrotico di questa parte di mondo quando si parla di ebrei e di Israele. L'Occidente - soprattutto l'Europa - è gravata da un enorme senso di colpa quando si parla di loro: la memoria corre facilmente alla Shoah, che in realtà è stato solo l'epilogo di secoli di persecuzioni. Dal canto loro gli ebrei - forse alcuni più di altri - sono ancora convinti di essere in qualche modo speciali, il *popolo eletto.*

Si è venuta così a creare una situazione folle che verte intorno all'uso della parola *antisemita.* Pensandoci su, non trovo nessun altro popolo, gruppo etnico, religione o altro che possa sfruttare la potenza di una parola simile. Dare dell'antisemita a qualcuno è un insulto potente, un'accusa morale che grava e che macchia la reputazione di una persona. Forse anche la sua autostima.

Perché gli africani, ad esempio, non accusano con la stessa veemenza il colonialismo europeo? Potrebbero farlo: ne avrebbero tutto il diritto.

Voglio cominciare con un paio di chiarimenti che sembreranno banali, ma che non lo sono affatto.

Sono due punti particolarmente perniciosi, perché è su questa confusione che fa leva la propaganda pro-Israele, che nel supposto tentativo di arginare l'antisemitismo sostiene il sionismo. Di fatto, lo stato d'Israele con le sue azioni moralmente riprovevole e gli osservatori sull'antisemitismo che volutamente non operano le distinzioni che ho indicato sopra, sono le cause principali della crescita dell'antisemitismo nel mondo negli ultimi tempi.

Da ragazzo mi domandavo, non senza una certa irriverenza, mentre vedevo crescere e farsi largo la tendenza al politicamente corretto e ad un rispetto umano del tutto superficiale:

Ma può un nero essere stronzo?

La risposta che mi dò tuttora è che sì, può esserlo benissimo: e non è razzismo affermarlo. Perché un cinese può essere stupido, un musulmano violento, un indù fanatico; allo stesso modo un ebreo o un israeliano possono nutrire cattive intenzioni. Non è razzismo, dicevo, anzi è esattamente il contrario: significa riconoscere un fondo comune di umanità che ci unisce, anche nei nostri difetti.

Non bisogna astenersi dall'affermare una verità sostenuta dai fatti per paura di un ricatto morale.

Gli israeliani sono il risultato di un trauma collettivo

Non sono uno psicologo ma credo di non andare troppo lontano dalla verità con quest'affermazione. Il trauma ovviamente è quello dell'Olocausto.

Sì, lo so che il movimento sionista è nato ben prima di quella tragedia, come risposta agli infiniti pogrom e persecuzioni alle quali gli ebrei sono stati sottoposti per secoli in Europa. Ma ascoltando e leggendo le testimonianze di quegli israeliani volontariamente fuggiti da Israele per essersi sottratti alla propaganda sionista, appare evidente che la Shoah svolge un ruolo di centrale importanza nella società di quel paese.

Ogni anno migliaia di studenti israeliani visitano i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau in viaggio d'istruzione. Oltre che dagli insegnanti sono accompagnati da una guida, adeguatamente preparata e istruita dallo stato per quel ruolo. Il resoconto che forniscono del genocidio degli ebrei è tutto teso a generare una risposta emotiva da parte dei ragazzi. Nel racconto che ne dà l'ex insegnante israeliana Hadas Emma Kedar in un'intervista, a volte qualche ragazzo o ragazza si strugge perché, pur sentendo l'immensa tristezza della tragedia, non è in grado di piangere come i suoi compagni di classe. E nel momento di massima tensione emotiva la guida presenta lo stato di Israele - e il suo esercito - come un baluardo contro il ripetersi delle persecuzioni e della catastrofe finale.

Finché esisterà lo stato di Israele, la Shoah non si ripeterà.

Tutta l'irrazionale e folle violenza e crudeltà che adesso testimoniamo ogni giorno impotenti sono il risultato di una violenza interiorizzata da secoli. È paura allo stato puro. La *non così tacita* connivenza dell'Occidente deriva dal senso di colpa: sappiamo di essere indirettamente responsabili di quello che sta accadendo.

L'inadeguatezza degli stati

Scrivo *stati* intenzionalmente in minuscolo per disprezzo, sia chiaro. Non c'è niente di *maiuscolo* nei nostri governi, se non la tronfia attitudine con la quale i suoi rappresentanti sono soliti presentarsi e rilasciare dichiarazioni; e l'inane pompa di gente in divisa e guardie del corpo, la ritualità farlocca degli incontri al vertice, gli arrivi in aereo, le strette di mano e così via. È l'impero bizantino che mostra sempre più di essere intimamente esautorato - e perciò stesso mostra a volte il suo lato più autoritario, come conferma l'orrendo riaffermarsi del fascismo in occidente.

Credo che tutto questo sia terribilmente evidente nella relazione dell'Europa e dell'America con Israele. I nostri governi si sono autoeletti da decenni a campioni e garanti della democrazia, della libertà e dei valori umani nel mondo; e adesso sulla vicenda palestinese non sono in grado di alzare un dito, ma anzi sostengono *sotterraneamente* (secondo loro) lo stato genocida. Beh, complimenti per la coerenza, non c'è che dire.

È ovvio che ci siano interessi e pressioni ben più potenti del ruolo che hanno voluto ritagliarsi. Non dico che l’Occidente non ne abbia diritto, perché l'Umanesimo e l'illuminismo ce lo danno; dico che gli stati non ce l'hanno. Non possono avercelo.

Il fatto è che la *rappresentatività* è un'illusione. Chiunque assurga in pianta più o meno stabile ad una posizione di potere ha l'interesse primario di conservare il potere e possibilmente di aumentarlo e di propagarlo ad amici e parenti. Gli interessi della classe dominante non corrispondono agli interessi della stragrande maggioranza della popolazione: mentre la gente si mobilita in tutto il mondo per manifestare solidarietà alla Palestina e domandare che l'oppressione abbia fine, mentre vecchi e disabili vengono arrestati in massa dalla polizia per un'assurda accusa di terrorismo, mentre decine di barche private si muovono per portare aiuto a una popolazione stremata e decimata e rompere un assedio, gli stati tentennano, cincischiano, nicchiano, si fanno belli e si autocompiacciono nel *promettere di riconoscere lo stato palestinese,* ignorano le provocazioni di Israele, promuovono misure inconsistenti, inutili, superficiali. Quando ci sbarazzeremo di questi tronfi satrapi?

Conclusione

Spero con questo sfogo di essermi liberato di un peso. Come dicevo ho le mie idee su come andrebbe risolta la situazione e forse in parte traspaiono da quello che ho scritto. Non ne ho parlato apertamente perché sono le mie idee personali, frutto di convinzioni e visioni del mondo che altri potrebbero non condividere. Avrei potuto aggiungere una sezione per parlare dell'idiozia dell'identitarismo, che non è altro che una forma edulcorata di nazionalismo (cioè di razzismo, alla fine); ma non voglio causare troppi pruriti in una volta sola.

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Pubblicato il 15 Settembre 2025